Undici anni dopo Eluana Englaro la maggior parte dei cittadini non è ancora informata adeguatamente sul testamento biologico. La legge sulle Disposizioni anticipate di trattamento è ancora ostacolata: manca una campagna informativa e la relazione al Parlamento.
Undici anni fa, il 9 febbraio 2009 moriva Eluana Englaro, la donna che nel 1992 rimase coinvolta in un incidente stradale che la portò per 17 lunghissimi anni a vivere in uno stato di paralisi e degenerazione cerebrale definitiva senza alcuna possibilità di recupero, né di risveglio, tantomeno di porre fine a quelle atroci sofferenze.
Nel mezzo un’estenuante battaglia condotta dal padre Beppino (nella foto di copertina assieme a Mina Welby) – sostenuto all’Associazione Luca Coscioni, – nei tribunali nazionali mirata all’ottenimento del diritto a sospendere le cure e l’alimentazione della figlia, consegnandola così a una dolce morte. Il caso divise l’Italia, coinvolgendo il mondo giuridico, culturale e istituzionale a tutti i livelli, fino all’autorizzazione, dopo un iter travagliato, concessa al padre, in qualità di tutore, ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione forzata che manteneva in vita Eluana.
“Grazie alla legge 219/17 – dichiara Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni – non vi saranno più situazioni come quella di Eluana Englaro, perché per coloro che non hanno redatto DAT, l’amministratore di sostegno, può ricostruire la volontà della persona dinanzi al Giudice Tutelare per conoscere il volere della stessa in tema di rifiuto o conferma dei trattamenti e così procedere nell’affermazione completa della volontà della persona.Tale procedura è confermata dalla più recente giurisprudenza”.
Il coraggio e la testardaggine con la quale Beppino Englaro ha cercato giustizia – ha aggiunto Marco Cappato, promotore della campagna Eutanasia legale e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni – ha consentito a tutto il Paese di riflettere e appassionarsi su un tema che il ceto politico, allora come ora, continua a rifiutarsi di affrontare.
La vicenda, così come quella di Piergiorgio Welby, segnò anche l’inizio dell’iter politico condotto dall’Associazione Luca Coscioni per la conquista di una buona legge sul fine vita, e ispirò la legge sul testamento biologico, le cosiddette DAT (Disposizioni anticipate di trattamento) ovvero i trattamenti che ognuno può decidere, in anticipo, di voler accettare o rifiutare nel momento in cui si troverà in una condizione di non poter comunicare la propria volontà.
Grazie al testamento biologico (o Disposizioni Anticipate di Trattamento), ai sensi della legge 219/2017:
- Chiunque ha il diritto di richiedere l’interruzione delle terapie, comprese quelle salvavita.
- Qualsiasi persona maggiorenne e capace d’intendere e di volere può depositare e veder rispettate le proprie disposizioni anticipate di trattamento.
- Nei casi in cui le DAT non siano state depositate ma vi siano colloqui con la persona prima che questa sia trovata in condizioni di non potersi più esprimere, l’amministratore di sostegno può chiedere l’interruzione delle terapie ricostruendo le volontà della stessa.
- È stata creata la Banca dati nazionale per la registrazione delle DAT.
La legge è in vigore dal 31 gennaio 2018 due anni non privi di ostacoli basti pensare che a livello istituzionale non è mai stata condotta alcuna campagna informativa a favore della popolazione, una buona parte di questa infatti non risulta a conoscenza di un diritto fondamentale.
Per questo l’Associazione Luca Coscioni nelle scorse settimane ha lanciato sull’argomento una campagna informativa nazionale, online e offline, con l’obiettivo di raggiungere e sensibilizzare più persone possibile. Le affissioni sono presenti nelle stazioni delle metropolitane delle principali città italiane Milano, Roma, Torino, Napoli e Brescia.
Per approfondire: Il testamento biologico (DAT): cos’è e come si fa
Nell’immagine di copertina, Mina Welby e Beppino Englaro. Foto di Mattia Luigi Nappi