Cimitero dei feti: Radicali Italiani e Radicali Roma hanno presentato un’azione popolare al Tribunale di Roma contro Ama, ASL Roma 1 e l’ospedale San Giovanni Addolorata per chiedere i danni ai responsabili di una prassi ritenuta lesiva della scelta delle donne.
Roma, marzo 2021. Nel mese di settembre scorso era stata ampiamente diffusa la notizia del cimitero dei feti al Flaminio di Roma, dove i prodotti del concepimento abortiti vengono seppelliti senza il consenso delle donne interessate e individuati da croci riportanti il nome delle stesse donne che hanno fatto ricorso a una interruzione volontaria di gravidanza.
Radicali Italiani e Radicali Roma, assieme a Francesca Tolino, che alcuni mesi fa aveva denunciato la presenza di una croce con il suo nome nel cimitero, hanno presentato un’azione popolare al Tribunale di Roma per chiedere i danni ai responsabili di questa prassi.
«La vicenda delle croci presenti nel cimitero Flaminio di Roma e riportanti senza autorizzazione i nomi delle madri ha mostrato – a seguito di molteplici accessi agli atti da parte di Radicali Roma – numerosi profili di illegittimità e di mancato rispetto delle normative a tutela delle donne interessate. Per questo insieme a Francesca Tolino abbiamo presentato un’azione popolare al Tribunale di Roma contro l’Ama, l’ASL Roma 1 e l’ospedale San Giovanni Addolorata di Roma per chiedere, in nome delle cittadine e dei cittadini romani, i danni ai responsabili di una prassi lesiva delle scelte delle donne in un momento delicato come quello dell’aborto», così in una nota Giulia Crivellini, tesoriera di Radicali Italiani e Francesco Mingiardi, presidente di Radicali Roma.
«Una sentenza a favore della nostra azione determinerebbe finalmente una chiarezza indispensabile rispetto a procedure che ancora oggi possono essere occasione per scorrettezze colpose o dolose rispetto a diritti garantiti dalle leggi – continuano i due radicali -. Il Comune di Roma, così come previsto dallo strumento dell’azione popolare, può dalla prima udienza costituirsi e fare propria la nostra richiesta di risarcimento per chiedere conto della prassi di arrogarsi scelte che sono solo delle donne».
«Il nostro obiettivo è quello di imporre il pieno rispetto delle normative che prevedono l’obbligo del coinvolgimento della donna nell’informazione e nella scelta sulla destinazione del feto, il contrario di quanto successo finora in molte città d’Italia. In secondo luogo vogliamo contrastare, con le armi del diritto, ogni attività dei gruppi ‘no-choice’ che nelle pieghe della 194 agiscono finanche su cavilli burocratici rispetto ad un apparato amministrativo e sanitario spesso inerte».
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