Dopo le discussioni relative al pomposo addio a Vittorio Casamonica tra lanci di rose, carrozze e Roll Royce, vogliamo raccontarvi, al di là delle polemiche generate dal legame della famiglia con la malavita, qual è il rituale funebre che accompagna la morte di una persona di etnia rom.
L’esperienza della morte è per la comunità rom estremamente sentita e, come tutti gli eventi, viene coinvolta non solo la famiglia ma l’intera comunità.
La morte, in particolare, è un accadimento carico di tabù e di simboli che viene accompagnato da riti sfarzosi, forse poco eleganti, ma che hanno uno scopo propiziatorio ed espiatorio. Il dolore viene esorcizzato con la forza del gruppo, che nel caso di un funerale è unito, compatto e coinvolto in ogni momento: dalla veglia che dura tre giorni fino all’organizzazione della cerimonia, dove ogni membro della comunità partecipa economicamente alle esequie.
Ogni gruppo ha le sue usanze, ad esempio i rom Harvati seguono ancora un’antica tradizione, per cui alla morte di una persona cara bruciano la roulotte e tutto ciò che gli apparteneva in vita, inoltre osservano un periodo di lutto molto lungo in cui è vietato pronunciare il nome dell’estinto.
E’ diffuso tuttora il rito della libagione che si compie lasciando cadere al suolo alcune gocce di bevanda, che può essere caffè o un alcolico, pronunciando insieme “vasu mule”. Subito dopo viene effettuata la cerimonia religiosa e al passaggio del corteo funebre, spesso decisamente rumoroso e sfarzoso, la strada viene cosparsa di fiori.
Dunque possiamo affermare che dal punto di vista rituale, la famiglia Casamonica si è attenuta a un’antica tradizione e a conferma di questo, pochi mesi prima sempre a Roma, è stato celebrato un altro funerale importante, quello di Filomena De Silvo, nominata la “Regina degli Zingari”, anche lei, accompagnata da sei cavalli neri con al seguito una banda musicale e lancio di fiori, non dall’elicottero, ma pur sempre in linea con la tradizione rom.