lastampa.it – 18 settembre 2013. Di Claudio Leonardi
Memoria digitale (eterna). Eterna memoria
La vita digitale fa parte del patrimonio che lasceremo in eredità. Ecco come aiutare chi resta a farne un monumento. Anche virtuale
La vita digitale, dispiace dirlo, ci sopravvive: profili Facebook, account bancari, decine di siti che possono custodire autentici patrimoni di documenti, foto, ricordi, vite segrete, contatti professionali. Per gli eredi, dunque, elaborato il dolore, ecco un altro problema da gestire, dopo i funerali, la casa, il gatto, la burocrazia.
In America hanno stimato un valore concreto (si sa, amano monetizzare tutto) di 55 mila dollari per i beni digitali che lasceremo, calcolando sia la dimensione affettiva sia l’investimento finanziario (per esempio per archiviare su cloud migliaia di file di ogni tipo in un servizio a pagamento come Dropbox). Lo sappiamo, è molesto pensare alla inevitabile dipartita, ma l’amore per chi resta suggerirebbe di metterli in condizione di accedere a questo patrimonio per evitare concretissimi problemi pratici. Esempi? La possibilità di assolvere fatture online tramite password che rischiano di restare sepolte con noi. La perdita di dati essenziali per la conduzione a buon fine di rapporti di lavoro che ruotavano attorno a un archivio digitale criptato, una serena comunicazione di alcuni aspetti della nostra vita che tenevamo giustamente sigillati su un pc e che, forse, figli e persone vicine vorrebbero scoprire senza traumi. […]
Google è probabilmente il custode della maggioranza della nostra vita digitale, e ha pensato al post-mortem. Tecnicamente, il servizio si chiama Gestione Account Inattivo, nome neutro e rassicurante, ma è evidente che funziona come una sorta di testamento. Permette, infatti, di esprimere ciò che si vuole fare con i propri dati ospitati sulla rete dopo la morte, o, più semplicemente, quando si decide di smettere di usare il proprio account per un lungo periodo di tempo. […]
E infine, vogliamo davvero che i nostri eredi, magari figli dai quali ci siamo tristemente allontanati per scelte non condivise, scoprano improvvisamente chi siamo stati e cosa abbiamo fatto di noi stessi su una pagina di Facebook? Forse è meglio preparare, archiviare, documentare con toni e parole adeguate le tappe, anche digitali, dei nostri giorni. Solo così aiuteremo chi resta a tradurre quelle confuse, complesse, convulse tracce digitali che lasciamo in momenti vari della vita, in un ritratto coerente e completo di noi, dei nostri umori e della nostra ratio. E tutto questo può diventare un ultimo atto di memoria, grazie al nuovo servizio messo a punto da Betterdays: Rest In Memory è definita dai suoi creatori l’evoluzione del ricordo. Uno spazio web e una mattonella di marmo con un QR Code, da posizionare sulla lapide. Tramite uno smartphone si può quindi accedere al profilo del defunto usando la mattonella. I dati sul profilo sono caricati dai parenti, il sistema è protetto, semplice e pulito. Per carità, non la si chiami Facebook dei defunti. Ma se le nostre tracce digitali ci sopravvivono, almeno si dia ad amici e parenti il modo di tradurle in una monumento che, magari a costo di piccole censure, sia un ritratto affettuoso, consolante, amato.
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