Il lutto affrontato attraverso i gruppi di auto aiuto. Foto di Svyatoslav LypynskyyPadova, 13 giugno 2018. Di Marianna Martini*

Parlare di lutto e perdita risulta ancor oggi difficile. Nell’attuale società moderna, dove basta un clic per trovare le informazioni più svariate e per condividere con il mondo ogni momento della nostra giornata, il tema della morte rimane coperto da un velo di silenzio.

Spesso il senso comune lo etichetta come un momento privato e intimo di cui è bene non discutere, anche perché spesso risulta imbarazzante per chi non sa come gestirlo.

Ecco che entra in gioco il gruppo di auto mutuo aiuto: uno spazio protetto in cui ci si sente legittimati a esternare il proprio dolore, oltre i tempi e i modi socialmente accettati.

Chi si avvicina alla realtà dei gruppi A.M.A porta, in questo piccolo microcosmo che si viene a creare, molteplici aspettative sotto forma di altrettante domande: Come posso liberarmi dal dolore? Come posso tornare come prima? Come posso pensare al futuro?

Il dolore, inteso come reazione emotiva ad una perdita, non deve essere vissuto come una sensazione negativa da cui liberarsi, ma, come tutte le altre emozioni, ha degli aspetti positivi che devono essere tenuti in considerazione: essendo un’esperienza inevitabile che fa parte degli eventi della vita, serve per reagire ad una mancanza e scavare a fondo dentro di noi in modo da potersi focalizzare sulle proprie risorse, ma anche mettere in luce i propri limiti, evitando di porsi obiettivi troppo elevati, il cui non raggiungimento verrebbe vissuto come un fallimento. Nel gruppo, quindi, impariamo a “stare nel dolore” portando la nostra esperienza e sperimentandoci attraverso i racconti degli altri componenti.

“Tornare come prima” non è possibile e spesso sarebbe comunque controproducente. La perdita di una persona cara può essere paragonata ad una tessera mancante nel puzzle della nostra vita, senza la quale l’opera finita non sarà la stessa ma non per questo dovrà essere peggiore. Il riflettere su questo punto all’interno del gruppo spesso crea non poche difficoltà: divergenze, diversità di opinioni, confronti e, a volte, perfino scontri. Questo, però, è anche un determinante punto di forza da cui partire per riprendere in mano la propria vita e il proprio futuro. Accade spesso, infatti, che i partecipanti, grazie a questo scambio, rivalutino e riescano ad apprezzare i piccoli passi fatti fino a quel momento da loro stessi e possano essere, così, di esempio e incoraggiamento per altri, passando da “bisognosi di cura” a “portatori di nuove risorse e possibilità”.

Infine, qualora si decida di partecipare ad un gruppo volto all’elaborazione del proprio lutto, è bene informarsi con il facilitatore, tramite un colloquio individuale, sulla reale utilità di questo percorso in quel determinato momento, valutare insieme l’essere sufficientemente pronti ad affrontarlo e le risorse personali che possono essere messe in gioco. Ci sono, infatti, due sostanziali differenze date dal tipo di perdita subita con conseguenti implicazioni nel gruppo: essa può essere traumatica, a seguito di suicidio, omicidio o incidente stradale, oppure naturale, dovuta ad una malattia o insufficienza fisica. Con questo non significa che ci siano lutti più importanti e altri meno, ma possono cambiare le emozioni, le idee e i pensieri che vengono portati nel gruppo. La morte naturale viene spesso etichettata come “più facile da comprendere e superare” da chi si è visto strappare via un proprio caro da un evento traumatico; per contro la morte traumatica fa scaturire forti emozioni di rabbia e collera da chi sa che il proprio caro avrebbe voluto continuare a vivere, ma è stato strappato alla vita da una malattia.

Il gruppo è sì un luogo sicuro di sfogo e nuova ricarica, dove tutte le emozioni sono ben accette perché nessuna è negativa per partito preso, ma, dato il tema delicato, è di fondamentale importanza informarsi e scegliere consapevolmente questa esperienza.

“La cura non è magia, ma un cammino lento, spesso impervio, che se affrontato insieme diventa più leggero”.

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Marianna Martini: Il lutto affrontato attraverso i gruppi di auto aiuto*Marianna Martini è Psicologa laureata all’Università degli Studi di Padova in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione e Psicologia Cognitiva Applicata, è regolarmente iscritta all’Albo dell’Ordine degli psicologi del Veneto. Si occupa di gestione delle emozioni sia in età evolutiva che adulta con l’attuazione di percorsi individuali e di gruppo, collaborando con il comune di Padova per l’intervento nelle scuole. Segue privatamente bambini e ragazzi con disturbi specifici dell’apprendimento e disturbi dell’attenzione e iperattività, oltre che con bisogni educativi speciali. Dal 2016 è referente del progetto scuola di Telefono Azzurro per il gruppo di Padova con cui svolge attività di prevenzione (laboratori ed eventi informativi) sui temi del bullismo e sull’uso consapevole di internet. Dal 2018 è fautrice del progetto Amori 4.0 che si occupa di dipendenza affettiva, relazioni di coppia e amore digitale oltre le stereotipie di genere.

Svolge, inoltre, attività di supporto in caso di malattie oncologiche e/o degenerative, di sostegno nell’elaborazione di una perdita o un lutto con l’attuazione di gruppi di auto aiuto e seminari per diffondere la cultura del lutto. Organizza eventi volti a coniugare il mondo del web a quello, ancor poco raccontato, della morte e della perdita.

Ha pubblicato, in collaborazione con altri colleghi, un eBook dal titolo “Un Fiore Che Sboccia. Le basi scientifiche dell’educazione all’affettività e alla sessualità” [link] e il volume “Vivere bene si puó” (casa editrice Effatà).

Contatti: marianna.martini.2@gmail.com – cell: 3484922148
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Foto di copertina di Svyatoslav Lypynskyy


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