Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole che ha la funzione primaria di preservare la vita. Come ci insegnano fin da piccoli il dolore rappresenta il campanello d’allarme che indica al nostro cervello che qualcosa non sta andando per il verso giusto.
Un dolore acuto ci segnala la presenza di una malattia, di un corpo estraneo, di un danno, è un sintomo di una disfunzione e come tale va trattato. Il medico si prende cura di alleviare e far scomparire il prima possibile la sofferenza e tutto ritorna alla normalità.
Ma quando il dolore diventa cronico? La sofferenza, purtroppo, in alcuni casi, diventa la malattia in se stessa e come tale condiziona l’intera esistenza dell’individuo, influenza profondamente la qualità della sua vita e il dolore provato non è utile per caratterizzare una diagnosi. In questi casi entra in gioco la terapia del dolore.
Le patologie associate al dolore cronico spesso sono quelle legate all’artrosi, alle deformazioni dello scheletro, alle lombalgie e al mal di schiena oppure le cefalee. Problemi le cui dinamiche sfuggenti impediscono una cura definitiva e per cui si sceglie di combatterle alleviando le conseguenze.
Purtroppo però spesso la terapia del dolore è necessaria per attenuare le sofferenze di chi è arrivato ad uno stadio terminale della malattia. La sofferenza fisica e mentale è frequente nei malati terminali. I pazienti comunemente temono che la loro sofferenza sarà prolungata e che nessuno la controllerà. Il sollievo dal disagio permette al paziente di vivere il più pienamente possibile e di mettere a fuoco gli aspetti unici presentati dall’avvento della morte.
Un dolore grave colpisce circa la metà dei pazienti con cancro in fase terminale, la metà dei quali non raggiunge mai un sollievo adeguato. Un dolore grave è anche comune nei pazienti che muoiono per scompenso a carico di un sistema e per demenza. Solitamente il dolore persiste non perché non può essere ben controllato, ma perché i pazienti, le famiglie e i medici hanno idee sbagliate sul dolore e sui farmaci, soprattutto sugli oppiacei, che possono controllarlo.
Infatti, in particolare nel nostro Paese sopravvivono molti pregiudizi sulla terapia del dolore soprattutto attraverso l’uso di oppiacei che si pensa abbiano effetti collaterali anche se da tempo si è dimostrato che la morfina, nel particolare, non riduce la funzione respiratoria, non genera dipendenza psico-fisica, non abbrevia la vita del paziente.
La scelta dell’analgesico dipende ampiamente dall’intensità del dolore, che può essere determinata solo dal colloquio e dall’osservazione del paziente. Tutti i dolori possono essere alleviati da un farmaco appropriatamente potente al giusto dosaggio, che può anche provocare sedazione o confusione. Farmaci frequentemente utilizzati sono l’aspirina, l’acetaminofene o i FANS per il dolore lieve; la codeina o l’ossicodone per il dolore moderato e l’idromorfone o la morfina per il dolore grave.
Per le persone che non accettano di buon grado i trattamenti farmacologici esistono diverse alternative per il controllo del dolore, che si possono utilizzare da soli o in combinazione con i farmaci analgesici:
- radioterapia;
- elettrostimolazione nervosa per via trans-cutanea (TENS); è un metodo che, attraverso l’applicazione di elettrodi a placchetta posti sulla cute, permette di esercitare una stimolazione elettrica controllata, sulle grandi fibre nervose periferiche al fine di modularne la trasmissione dello stimolo e alleviarne il dolore;
- agopuntura;
- ipnoterapia- può rappresentare una parte importante di tutto il processo di rilassamento, che si usa per ridurre l’effetto dello stato di turbamento emozionale sul dolore;
- tecniche di rilassamento;
- interventi psicologici – si basano su tecniche psicologiche comportamentali o cognitive che possono essere efficaci anche per controllare il dolore;
- interventi fisici – comprendono alcune tecniche molto semplici che prevedono la stimolazione cutanea attraverso il calore, il freddo, il massaggio, la vibrazione, la pressione, ecc. Possono essere apprese da tutti i familiari ed utilizzate all’occorrenza, ricordando però che in alcuni casi la loro applicazione può aumentare il dolore prima di ottenere un effetto lenitivo.
La terapia del dolore è un branca della medicina che si sta affermando, a livello mondiale, da non più di 15-20 anni. Negli ultimi anni anche in Italia c’è stato un forte interesse, ed oggi in quasi tutte le regioni ci sono uno o più centri di terapia del dolore. Gli anestesisti in generale sono molto interessati, ed esistono due società scientifiche a livello nazionale che si occupano di dolore. In quasi tutti gli ospedali più importanti esistono servizi di terapia del dolore, anche se molti operano ancora su base volontaristica.